Il C O R P O che può rilanciare le nostre PMI

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5 ingredienti per il successo delle nostre PMI

Come anticipato nell’articolo precedente (che trovi  qui: https://cutt.ly/Tm0urw4), proviamo ad andare un poco più a fondo sui 5 elementi che, a mio parere, possono permettere alle aziende di dare C O R P O al Valore che trasferiscono al cliente:

Cultura

Il successo è momentaneo  e la definizione del vantaggio competitivo passa inevitabilmente per la capacità di saper innovare e di sapere creare nuovi prodotti/servizi o di ripensare ai prodotti/servizi già presenti nella propria offerta e di ritagliare loro una nuova vita presso nuove fasce di mercato o per utilizzi diversi. 

Il 62% delle aziende, infatti, individua nell’innovazione l’elemento necessario per il successo.

L’innovazione è, molto spesso, una questione culturale. La giusta cultura può creare e sostenere l’innovazione e la creatività. Al contempo, però,  è anche vero l’opposto: ossia che l’innovazione può essere soffocata in un ambiente culturale non adeguato.

Di cosa c’è bisogno, allora?

Potremmo scrivere fiumi di parole a riguardo  ed esistono numerosi articoli e libri su questo tema. Per gli interessati suggerisco di cominciare da questo ottimo articolo comparso sull’Harvard Business Review lo scorso anno (a cui hanno dedicato la copertina del numero di Marzo-Aprile 2020): https://hbr.org/2020/03/building-a-culture-of-experimentation.

Per farla breve e per riportare il concetto alle nostre PMI, possiamo suggerire 2 elementi fondamentali: l’accettazione del fallimento come uno dei possibili risultati di uno sforzo di innovazione e la creazione di spazi sicuri in cui le risorse dell’azienda abbiano la possibilità di sperimentare e di dare libero sfogo alla propria creatività in funzione degli obiettivi che l’azienda si prefigge.

Entrambi gli elementi devono essere integrati nella cultura aziendale, in cui il primo prevede la concezione di errori e fallimenti come momenti di apprendimento e crescita; ill secondo, invece, prevede la libertà per le risorse aziendali di tracciare la strada per la risoluzione dei problemi organizzativi più pressanti o per il raggiungimento di determinati obiettivi.

 

Organizzazione

C’è una storia a cui sono molto affezionato (forse perché si relaziona bene al mio cognome) che viene raccontata in diversi modi, tutti con lo stesso senso. Ve ne propongo uno:

Durante il suo lungo cammino per raggiungere un lontano santuario, un pellegrino si imbatté in un’enorme cava dove alcuni uomini stavano scolpendo dei grossi blocchi di pietra. Gli uomini erano tutti sudati, pieni di polvere e visibilmente affaticati.

Il pellegrino si avvicinò al primo uomo che batteva con fatica il martello sulla pietra e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”. L’uomo molto irritato gli rispose: “Non lo vedi? Sto martellando a fatica questa stupida roccia”.

Più il là c’era un secondo spaccapietre ed il pellegrino gli rivolse la stessa domanda: “Cosa stai facendo?”. L’uomo rispose: “Sto lavorando questo blocco di pietra per costruire un muro. È un lavoro molto faticoso ma lo faccio per mantenere la mia famiglia”.

Il pellegrino continuò a camminare e si imbatté in un terzo spaccapietre. Anche questi era molto stanco e sudato, batteva con fervore il martello sulla pietra scolpita. Alla domanda: “Cosa stai facendo?” l’uomo sorrise e rispose con orgoglio: “Non vedi? Sto costruendo una cattedrale!” e guardò in alto indicando la grande costruzione che stava sorgendo sulla cima della montagna.

 

Qualsiasi imprenditore, quindi, dovrebbe porsi una domanda: 

Nella mia azienda voglio avere più spaccapietre o più costruttori di cattedrali?

 

Solo le aziende popolate da costruttori di cattedrali utilizzano al meglio le potenzialità delle proprie risorse e sono in grado di fare leva su questa per creare vantaggio competitivo. 

È stato abbondantemente dimostrato che i sistemi organizzati basati su Command&Control e l’utilizzo di extrinsic motivators (incrementi salariali, bonus, avanzamenti di carriera, ecc.) creano un ambiente di spaccapietre ed hanno il potere di distruggere la motivazione in azienda. (Per i curiosi suggerisco questo Ted Talk: https://www.ted.com/talks/dan_pink_the_puzzle_of_motivation e “Drive” il libro di Daniel Pink che parla proprio di questo).

 

Le nostre PMI sembrano averlo capito molto bene:

“Percorsi possibili solo attraverso un investimento nella formazione del capitale umano della propria impresa e un nuovo modo di concepire il rapporto con i propri collaboratori.” – Carlo Robiglio, Presidente di Piccola Industria Confindustria

Per avere costruttori di cattedrali e definire “un nuovo modo di concepire il rapporto con i propri collaboratori” la leva su cui premere sono i cosiddetti intrinsic motivators (dopo aver definito i parametri economici in maniera corretta sia dal punto di vista del lavoratore che dell’azienda e, quindi, aver eliminato la discussione su salario e bonus dalla conversazione) e l’eliminazione di tutte le strutture di controllo e di gestione minuziosa delle attività dei nostri collaboratori. 

 

Rapidità

L’intero mondo si muove ad una velocità sempre maggiore ed il contesto in cui le nostre attività agiscono non fa eccezione. La continua innovazione tecnologica, i continui shift del mercato e le richieste in evoluzione dei clienti rendono sempre più complicato soddisfare i propri clienti rimanendo profittevoli. Le PMI possono approcciare questo problema sfruttando una propria debolezza (riassunta nella frase che circola moltissimo, ovvero “abbiamo sempre fatto così”) e uscendone perdenti o una propria forza corroborata da alcuni strumenti in grado di potenziarla. Il punto di forza che hanno le nostre PMI è la loro dimensione che potrebbe consentire ottima comunicazione e rapidi cambiamenti. 

Questa caratteristica da sola potrebbe non bastare ma per facilitare l’allineamento e la propagazione degli obiettivi aziendali a tutti i livelli dell’organizzazione, ci sono strumenti di cui le aziende si possono avvalere e che possono dare un boost fondamentale alla flessibilità propria della struttura aziendale. Uno di questi è, senza dubbi, il framework OKR (di cui ho parlato qui) che unisce i benefici di un’aumentata trasparenza degli obiettivi lungo tutta l’organizzazione con un’impostazione che permette il raggiungimento di obiettivi ambiziosi continuando a garantire agilità.

 

Proposizione

Chi sono i nostri clienti? Perché acquistano i nostri prodotti/servizi? Perché il prodotto A vende meglio del prodotto B? Quale prezzo il cliente è disposto a pagare per ognuno dei nostri prodotti? 

Qual è il Valore che i clienti riconoscono nei nostri prodotti?

Non c’è bisogno di spiegazione su quanto siano cruciali queste domande. 

C’è, però, un’ulteriore dimensione che le aziende oggi devono considerare (e le PMI non fanno eccezione) per formulare la loro Value Proposition. Secondo uno studio condotto da Accenture, il 63% delle persone acquista prodotti o servizi da aziende che condividono i propri valori e il 62% ritiene che le aziende debbano avere una posizione su temi sociali, culturali, ambientali e politici di rilievo per loro.

Non basta, quindi, solo concentrarsi e comunicare feature e benefici di ciò che si vende ma la value proposition deve comunicare l’identità profonda dell’azienda, quello che da Simon Sinek viene definito il “Why”. La redazione di mission, vision e purpose statement non sono più elementi riservati a grandi aziende ma devono essere definiti e comunicati opportunamente anche dalle realtà più piccole. Queste ultime hanno il vantaggio di essere più vicine ai propri clienti e di poter creare con loro delle vere e proprie community unite da una visione comune del mondo. 

Il punto fondamentale in questo processo è quello di definire il proprio “Why” in maniera del tutto veritiera e aderente a ciò che realmente l’azienda rappresenta e quali siano i valori che la animano e non correre dietro a quello che potrebbe piacere ai clienti. Tutto ciò  potrebbe sembrare controproducente ma restituisce grosso valore nel lungo periodo.

Questo processo di definizione dell’essenza dell’azienda porta dei vantaggi non solo di posizionamento sul mercato e di creazione di vantaggio competitivo ma attirerà anche talenti e persone di valore che condividono i valori dell’azienda. Le generazioni dai Millennials in poi, infatti, valutano le aziende in cui  lavorare soprattutto in base allo scopo che queste servono.

 

Operations

Se abbiamo lavorato bene sui 4 punti precedenti, abbiamo portato l’azienda ad ottenere un notevole vantaggio competitivo sul mercato ed un’ottima organizzazione aziendale che permette di convogliare tutte le energie verso obiettivi comuni. Per completare il cerchio manca un solo passaggio: rendere il processo di creazione del valore che passeremo ai nostri clienti efficace ed efficiente. Alla fine dei conti, infatti, le imprese svolgono le loro attività  per ricavarne profitto e se i processi adottati nelle operations (dove avviene la generazione di valore) non sono efficaci ed efficienti, il rischio è di avere la più bella azienda del mondo con le migliori persone all’interno e la più grossa fetta di mercato ma di ritrovarsi con profitti minimi o inesistenti…

Per le PMI, come abbiamo visto all’inizio del primo articolo, questo è un punto particolarmente dolente: non hanno mai recuperato la redditività che registravano prima della crisi del 2008 e la pandemia ha ulteriormente inciso in negativo su questo parametro. La difficoltà nel migliorare la situazione è anche dovuta alla struttura delle aziende che non possono fare leva su grandi volumi o produzioni in serie per ridurre i costi, ma anche in questo caso ci sono strumenti che possono trasformare questa debolezza in un punto di forza.

Una storiella a questo punto potrebbe aiutare a capire il potenziale che potrebbe svilupparsi:

C’era una volta (pare che tutte le storie con un lieto fine comincino così), all’inizio degli anni ’50 una piccola azienda manifatturiera che si trovava a competere con i giganti del suo settore e si vedeva costretta a ridurre i costi senza poter beneficiare della produzione di massa adottata dai suoi competitor. Un gruppo di eroi (anche detti ingegneri) sviluppò tecniche operative mai provate prima che gli consentirono non sono di competere, ma di surclassare i suoi competitor. Questa azienda fu tra le pochissime a rimanere profittevole anche durante una crisi mondiale che fece registrare perdite a tutto il settore. Quell’azienda si chiama Toyota e le tecniche utilizzate passarono alla storia sotto il nome di Lean Thinking.

Nonostante siano passati 70 anni, le tecniche Lean non sono invecchiate, anzi in questo periodo per le nostre PMI, che si trovano in una situazione simile a quella di Toyota all’inizio degli anni 50 sono, a mio parere, l’arma di elezione per invertire la tendenza e ritrovare la redditività perduta.

 

Come il nostro corpo è composto dall’insieme di tutte le nostre membra, anche nell’approccio delineato per le PMI è necessario che i 5 elementi siano sviluppati insieme ed in maniera armonica per poter dare il massimo risultato. Il periodo che stiamo vivendo è unico e molto provante. L’unica opzione che in un momento come questa non porta risultati è quella di rimanere fermi e di continuare a lavorare come si è sempre fatto.

Non c’è mai stato un momento migliore di questo per rivoluzionare le nostre aziende e prepararle al futuro puntando al lungo termine. Le potenzialità e le condizioni ci sono tutte, bisogna solo canalizzarle nel modo giusto e nella giusta direzione. 

 

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