Crescita dei prezzi ed un’economia reale stagnante
Siamo in una situazione economica caratterizzata da alta inflazione e bassa crescita del PIL. Una fase dell’economia in cui sono presenti in contemporanea ondate inflazionistiche e stagnazione economica.
La causa è l’aumento generalizzato dei prezzi che porta ad una diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori aggravata dalla riduzione o, addirittura, dal fermo della produzione. Conseguenza naturale di questo quadro è un rallentamento generale dell’economia che porta con sé anche l’incremento del tasso di disoccupazione.
Il termine fa paura già di per sé ma la situazione peggiora se pensiamo al fatto che il fenomeno è una condizione da cui sembra difficile uscirne. Alcuni esperti di finanza, infatti, temono ed affermano che misure per ridurre l’inflazione faranno contrarre ancora di più l’economia.
In un articolo del Corriere della Sera “Stagflazione, recessione o ripresa economica? Come investire nei diversi scenari: i consigli” si legge, a proposito:
“Le Borse mondiali hanno appena archiviato il peggiore semestre dell’ultimo decennio, la volatilità si mantiene elevata e molti investitori ne sono spaventati (…) Azioni e obbligazioni hanno attraversato il peggiore semestre dell’ultimo mezzo secolo: l’indice S&P500 della azioni americane è scivolato del 23%, Piazza Affari, una delle peggiori in Europa è in rosso del 21,4% da inizio anno ed i mercati azionari europei hanno macinato perdite che sfiorano il 20%. Negativi anche tutti gli indici obbligazionari con perdite che variano dal 7 a 9%”.
Siamo in un periodo di forte inflazione contraddistinto non da eccessi di domanda o dal surriscaldamento dell’economia ma dall’accorciamento delle catene del valore e dalla crisi geopolitica.
Le cause?
Sicuramente gli aumenti del costo delle materie prime, del petrolio ed i forti rincari dei beni energetici. Non si tratta, però, di una condizione nuova per l’Italia e per il mondo, in cui un contesto di stagflazione ha già più volte riguardato l’economia. Quello che si sta verificando in questi giorni, infatti, sembra solo una riproduzione che il nostro Paese ha già vissuto negli anni 70 quando l’Opec ha incrementato i prezzi del petrolio.
La conseguenza è stata una caduta della domanda aggregata, che a sua volta ha avuto effetti negativi sulla crescita economica. Il rialzo dei prezzi del petrolio, a cui si sono associate quelle di altre materie prime, ha poi innescato un innalzamento generale del livello dei prezzi, e dunque l’inflazione.
Ma, attualmente, lo scenario è ancora peggiore di quanto si possa pensare. Secondo l’allarme lanciato dalla Banca Mondiale nei mesi scorsi, lo spettro della stagflazione si aggirerà per l’Europa (e in tutto il resto del mondo) per i prossimi dieci anni.
Il fenomeno che si presenta quando il mercato globale si trova ad affrontare un cosiddetto “choc dell’offerta” fa aumentare, sempre di più, la preoccupazione di entrare in una fase di recessione. Un’elevata inflazione provoca effetti negativi sulla distribuzione dei redditi, sulla produzione e sulle scelte di investimento e risparmio.
Ma anche le soluzioni da adottare sono, allo stesso modo, difficili e complicate e si evidenzia nelle strette vie che le autorità possono percorrere.
Viene attribuito alle Banche centrali il compito di assicurare la stabilità dei prezzi nel medio termine, anche a costo di ridurre la crescita ma se l’inflazione dei prezzi dei beni si trasferisse velocemente ai salari, questo potrebbe innescare una spirale inflazionistica molto pericolosa. Se non si verificasse nessun aggiustamento degli stessi per recuperare la perdita di potere di acquisto verrebbero penalizzate le persone più fragili e i redditi più bassi.
Come proteggersi dal rischio di stagflazione o di contrazione?
Come si potranno cogliere le opportunità legate ad un eventuale “soft landing” (rallentamento economico) o ad una ripresa dell’economia?
Quale sarà l’effetto di tutto quello che sta accadendo?
Non abbiamo una sfera di cristallo e, purtroppo, non sappiamo rispondere a questi quesiti. Tutto dipende da noi, dalla nostra capacità di reagire a choc improvvisi e dalla nostra lungimiranza.
Da noi e da quelle delle nostre imprese.